#LiberaPuoi, campagna per donne vittime di violenza domestica. Chiama il 1522. Informazioni anche in farmacia

Continuano le iniziative del Dipartimento per le pari oppurtunità a sostegno delle donne oggetto di violenza domestica o stalking in questo difficile momento legato all’emergenza coronavirus.
Protocollo con le farmacie
Per potenziare l’informazione e per fornire ulteriori indicazioni su come chiedere aiuto e denunciare la violenza domestica in sicurezza è stato firmato un protocollo di intesa tra la Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti, e la Federazione Ordini dei Farmacisti, Federfarma e Assofarm.
Le farmacie presenti sul territorio nazionale riceveranno materiale informativo che consentirà alle donne di accedere alle prime indicazioni utili per prevenire ed affrontare in modo efficace eventuali situazioni di violenza o stalking da parte maschile. A questo scopo sono state predisposte delle linee guida informative, che saranno rese disponibili nelle farmacie. Inoltre, sarà rafforzata la diffusione, anche attraverso l’esposizione di un cartello, del numero verde antiviolenza 1522, attivo h24.
Le informazioni nelle farmacie affiancano i centri antiviolenza, il numero e l’App 1522.

La campagna nasce grazie al contributo degli artisti: Caterina Caselli, Paola Cortellesi, Marco D’Amore, Anna Foglietta, Fiorella Mannoia, Emma Marrone, Vittoria Puccini, Giuliano Sangiorgi, Paola Turci, che hanno generosamente risposto all’invito della Ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia, Elena Bonetti, a condividere e diffondere con ogni sforzo il messaggio che anche durante l’emergenza da coronavirus è possibile sottrarsi alla violenza e chiedere aiuto rivolgendosi al numero 1522.

PASSO INDIETRO.LA Turchia lascia la convenzione contro la violenza sulle donne.

Dieci anni dopo averla lanciata, la Turchia di Erdogan abbandona la Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne. Con un decreto pubblicato in piena notte, il presidente consuma l’ultimo strappo con l’Europa dei diritti, archiviando il primo documento vincolante sul tema a livello internazionale, che per paradosso venne aperto alla firma nel 2011 proprio nella metropoli sul Bosforo e Ankara ratificò per prima l’anno dopo.

Un’inversione a U che scatena la rabbia delle donne turche, scese in piazza a migliaia contro la decisione, e suscita allarme e indignazione in tutto l’Occidente. “Un enorme passo indietro che compromette la protezione delle donne”, denuncia il Consiglio d’Europa, promotore del testo firmato finora da 45 Paesi e dall’Ue.

“Il secondo alfabeto delle donne” iniziativa Cgil Cisl Uil e Cnel.

“Il secondo alfabeto delle donne una battaglia da combattere anche con le parole” lo slogan dell’’iniziativa organizzata in occasione della Giornata Internazionale della Donna, lunedì 8 marzo, da Cgil, Cisl, Uil con il contributo del Cnel. Già lo scorso anno le tre confederazioni avevano pensato ad un “Alfabeto delle Donne” che “attraverso alcune delle tante parole che lo rappresentano” potesse “significare e riconoscere l’indiscutibile protagonismo delle donne nella vita di ognuno nel lavoro, nel sociale e nelle comunità”.
” Un protagonismo che va valorizzato, rispettato e sostenuto ogni giorno, attraverso un linguaggio corretto, un’azione continua di giustizia sociale e il contrasto ovunque di ogni forma di violenza”.

Al centro dell’iniziativa di quest’anno:”Prima linea, scuole chiuse, affetti a distanza, occupazione di qualità, working smart, ripartire in sicurezza, questione culturale, differenze salariali, violenza domestica, le battaglie da combattere anche con le parole” .
L’evento, visto il periodo di pandemia, potrà essere seguita dalle ore 9.30 alle 12.30, in diretta streaming sulla pagina Facebook della Cgil e su Collettiva.it, sul sito della Cisl: www.cisl.it, sulla pagina Facebook della Uil Nazionale e sul sito www.uil.it.

Il programma:

ore 9,30
Saluto di Tiziano Treu Presidente Cnel

1°Panel: CURA
Introduzione Susanna Camusso Cgil
Interventi delle delegate sulle parole doppie:
PRIMA LINEA
SCUOLA CHIUSE
AFFETTI A DISTANZA
Conclusione PierPaolo Bombardieri Segretario Generale UIL

2° Panel: LAVORO
Introduzione Daniela Fumarola Cisl
Interventi delle delegate sulle parole doppie
OCCUPAZIONE DI QUALITA’
WORKING SMART
RIPARTIRE IN SICUREZZA
Conclusioni Maurizio Landini Segretario Generale CGIL

3° Panel: VIOLENZA
Introduzione Ivana Veronese Uil
Interventi delle delegate sulle parole doppie
QUESTIONE CULTURALE
DIFFERENZE SALARIALI
VIOLENZA DOMESTICA

Conclude il panel e l’iniziativa Luigi Sbarra Segretario Generale Cisl

Il termine dei lavori è previsto alle ore 12.30

L’attivista saudita per i diritti delle donne Loujain libera!

Loujan è diventata il volto delle proteste nel Regno degli al Saud, si è sempre battuta per l’emancipazione femminile, a partire dal diritto di guidare, pagando cara questo impegno.
Nel dicembre scorso era stata condannata a cinque anni e otto mesi di carcere per reati di terrorismo, anche se dietro le pressioni internazionali e il clamore della sua vicenda, il tribunale saudita aveva sospeso la detenzione di due anni e dieci mesi.
La speranza della famiglia da allora e’ stata che la pena sospesa consentisse a Loujain di essere scarcerata in un paio di mesi. Hathloul, 31 anni, era stata arrestata nel maggio 2018 con una decina di altre donne attiviste, poche settimane prima della storica revoca del divieto di guidare l’auto. L’attivista e’ stata condannata per aver collaborato con ong straniere bandite dalla legge antiterrorismo, per aver incitato al cambio di regime e cercato di stravolgere l’ordine pubblico.

La Regione Lazio apre nuove case rifugio per donne maltrattate.

CRESCE LA RETE DEI SERVIZI ANTIVIOLENZA DELLA REGIONE LAZIO

Come indicato nella Convenzione di Istanbul proteggere le donne vittime di violenza maschile continua a rappresentare un impegno quotidiano. Per questo la Regione Lazio garantisce – assieme ai Comuni e alle Associazioni – il pieno funzionamento e l’ampliamento della rete regionale dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio. Una rete in costante crescita per offrire appoggio e ospitalità a tutte le donne che ne hanno necessità.
In occasione del 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, ha aperto i battenti una nuova Casa rifugio in provincia di Frosinone, che ha trovato sede in un bene confiscato alla criminalità organizzata. La Casa rifugio è in grado di accogliere quattro nuclei familiari, garantendo così ospitalità per le donne che fuggono da situazioni di violenza, con o senza figli minori.
Con questa nuova apertura, la rete della Regione Lazio conta oggi 26 Centri antiviolenza e 10 Case rifugio. Ma non è un punto di arrivo, nuove aperture, infatti, sono già state programmate.
Un nuovo Centro avrà sede nella Casa di Donatella Colasanti a Sezze, coinvolta con Rosaria Lopez in un barbaro episodio di violenza a San Felice Circeo nel 1975.
Mentre sei nuove Case rifugio andranno ad aprire nei territori di Roma Capitale, in provincia di Roma e in quella di Viterbo. Due di queste strutture sono già in fase di individuazione del soggetto gestore, tramite procedura di evidenza pubblica.

Nell’arco dell’anno entrante i servizi della Regione Lazio arriveranno, così, a un totale di 27 Centri antiviolenza, 16 Case rifugio e 1 Casa di semiautonomia.

Lo Stato sosterra le spese delle vittime di violenza, e pagherà le spese legali, indipendentemente dalla loro condizione economica.

È legittimo che lo Stato patrocini le spese legali nei casi di violenza, indipendentemente dalla situazione economica della vittima. Lo stabilisce una sentenza della Corte costituzionale.
La sentenza del 3 dicembre 2020 e prima pubblicazione del 2021, redatta dal presidente Giancarlo Coraggio, interviene su un quesito di legittimità sollevato dal giudice per le indagini preliminari del tribunale di Tivoli. Nel motivare il suo sì al patrocinio a prescindere dal reddito, la Corte costituzionale sottolinea che “la ratio della disciplina in esame è rinvenibile in una precisa scelta di indirizzo politico-criminale che ha l’obiettivo di offrire un concreto sostegno alla persona offesa, la cui vulnerabilità è accentuata dalla particolare natura dei reati di cui è vittima, e a incoraggiarla a denunciare e a partecipare attivamente al percorso di emersione della verità. Valutazione che appare del tutto ragionevole e frutto di un non arbitrario esercizio della propria discrezionalità da parte del legislatore”.
E, si legge ancora, per la Consulta “va aggiunta la considerazione che nel nostro ordinamento sono presenti altre ipotesi in cui il legislatore ha previsto l’ammissione a tale beneficio a prescindere dalla situazione di non abbienza”.
Sono moltissime le spese che devono sostenere le donne vittime di violenza e le loro famiglie, e soprattutto non si esauriscono nell’immediato.
Infatti il sistema sanitario nazionale paga le spese per le cure e gli interventi necessari in una fase iniziale, mentre le successive visite, le terapie riabilitative o gli ulteriori accertamenti vengono pagati autonomamente dalle donne. Il risarcimento di queste spese arriverà solo a posteriori, solo a determinate condizioni e con tempi spesso lunghissimi. Da qui la necessità di un fondo che possa essere utilizzato per tutti gli interventi chirurgici e le cure mediche necessarie, che sia subito operativo e risponda alle esigenze di chi deve allontanarsi urgentemente dal nucleo familiare e far fronte a spese immediate.
In Italia, i fondi pubblici destinati al Piano Nazionale Antiviolenza vengono gestiti a livello regionale, spesso con gravi ritardi nell’erogazione delle risorse finanziarie, a causa di vincoli di bilancio e complessi procedimenti amministrativi.
«Le istituzioni devono capire che servono fondi urgenti, non ingessati da tempi e criteri burocratici, la cui elargizione non sia subordinata alle pronunce processuali», sostiene l’avvocato Lipari.
«Le donne vittime di violenza avviano un percorso veramente complesso attraverso la denuncia, che non si esaurisce in quell’attimo, ma prosegue per un lungo periodo e ciò comporta la necessità concreta che queste donne siano sostenute psicologicamente, legalmente ma anche finanziariamente».
Secondo il Rapporto sulla violenza di genere del Consiglio regionale della Calabria, la Regione è la seconda a più alto indice di femminicidio in Italia in rapporto alla popolazione femminile, (0,35 donne uccise all’anno ogni 100mila donne residenti), preceduta solo dal Trentino, mentre il 26 per cento delle donne della regione hanno subito violenza fisica o sessuale nel corso della loro vita.

LE DONNE IN CUCINA SI RIBELLANO E DENUNCIANO GLI ABUSI

Le donne che lavorano in ristoranti di alto livello, subiscono sessismo, e molestie.
Cuoche francesi rompono il silenzio e provano a cambiare le cose.
Sono in tante a raccontare che hanno subito minacce, obblighi.
L’articolo 222-23 del codice penale francese precisa che qualunque atto di penetrazione sessuale, commesso con violenza, è punito con 15 anni di carcere.
Molte sono state anni in silenzio : «Ti dici che hai esagerato, che è frutto della tua immaginazione. Poi capisci che il tuo silenzio può aver messo in percolo altre donne.
e te ne penti»,dice Marion Gottlè cuoca.
Ribadisce : «Dobbiamo smetterla di pensare che il sessismo sia un passo obbligatorio nei ristoranti stellati». Per questo lei e delle sue colleghe, hanno deciso di denunciare abusi, subiti per anni. Anche se duro, faticoso. Il suicidio recente dello chef Taku Sekine accusato senza prove, sui social specializzati, di abusi e strupi, ha bloccato alcune vittime disposte a parlare.
« Questo suicidio mi addolora. Ma non si può dare la colpa alle donne che hanno fatto il suo nome per rompere l’omertà». Marion Goettlè figlia di ristoratori, arrivata a Parigi nel 2004 assunta in un ristorante come mi-cheffe-de parie (vicecapopartita) in uno dei ristoranti, più famosi della capitale.Ho ascoltato battutte misogene ogni giorno. Il grand chef con gli uomini usava le minacce, con le donne l’umiliazione. Ha dichiarato a diverse testate giornalistiche.
Un’altra cuoca Anissa Ayadi, ha subito palpeggiamenti ogni giorno dallo Chef, ha saputo dopo del tempo che l’uomo aveva violentato altre due sue colleghe. Il tribunale di Parigi aveva avviato un’indagine per stupro e aggressioni. Mi dicevo : « è un porco ma non passerà mai ai fatti.
Il giorno che l’ho saputo mi sono arrabbiata per non aver detto nulla ».
Ora ha aperto un gruppo imrenditoriale per donne : « Vogliamo far emergere le donne di talento che possono farcela da sole ».
Laetitia Visseanche, ora cuoca, ha subito abusi per anni.Prima dell’insorgere del Covid, è riuscita a prendere in gestione e un locale a Marsilia. Dichiara : « Non credo che si debba passare attraverso il dolore per apprezzare la felicità ». Le denunce di queste donne, e il polverone che hanno sollevato, speriamo sia di aiuto a tutte quelle ragazze, che sceglieranno di diventare chef.
La loro denuncia solleva un grido : «Fatevi rispettare donne,denunciate gli abusi !».

Dall’Internazionale di Gennaio

Femminicidio, dati . Trenta associazioni italiane che si occupano di violenza sulle donne in contemporanea hanno stilato un rapporto alternativo.

In tutto il mondo una delle prime cause di morte delle donne tra i 16 e i 44 anni è l’omicidio compiuto spesso da persone conosciute, in particolare mariti, compagni, partner o ex partner. E l’Italia non fa eccezione: l’omicidio è la più grave di una serie di violenze che molte donne subiscono durante la loro esistenza. Secondo l’Istat, nel paese una donna su tre ha subìto qualche forma di violenza nel corso della sua vita, specialmente in famiglia.
La violenza di genere è un fenomeno strutturale e diffuso, ma ancora in gran parte sommerso. Sempre secondo l’Istat, solo il 12 per cento delle violenze è denunciato. Anche per questo dal 2017 in Italia è stata istituita una commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio che ha l’obiettivo di studiare quali sono i meccanismi che legittimano e alimentano la violenza sulle donne e di elaborare strategie e politiche per contrastarla. Anche le violenze commesse da sconosciuti o da persone con cui non si è legate da relazioni affettive sono più gravi. In sostanza, sebbene la violenza nel complesso sia diminuita, non solo non se ne intaccano le forme più gravi, ma la sua intensità aumenta.
C’è in generale una maggiore consapevolezza delle donne, che ne parlano più spesso con qualcuno e si rivolgono di più ai centri antiviolenza, agli sportelli o ai servizi contro la violenza sulle donne (dal 2,4 per cento al 4,9 per cento). Inoltre, nonostante si continui a denunciare poco, lo si fa più che nel passato .
Le leggi contro la violenza
Il codice penale italiano è del 1930 (scritto da Alfredo Rocco, ministro della giustizia nel governo Mussolini) e riflette una concezione autoritaria del rapporto tra lo stato e i cittadini e un’impostazione basata sulla subalternità delle donne rispetto agli uomini. Nel corso del tempo si è cercato di adeguare il codice penale grazie a lunghe battaglie e rivendicazioni, con norme che tenessero conto delle sentenze della corte costituzionale e con leggi che rispondessero di più ai cambiamenti e alle rivendicazioni sociali e infine che adeguassero il codice agli obblighi internazionali come l’adesione alla convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne e la violenza domestica, approvata dal Consiglio d’Europa il 7 aprile 2011.
In particolare, in Italia c’è stata molta produzione legislativa su questo tema tra il 2009 e il 2015. I primi interventi di correzione al codice Rocco in tema di violenza di genere sono stati fatti dalla corte costituzionale con le sentenze numero 126 del 19 dicembre 1968 e numero 147 del 3 dicembre 1969. La corte dichiarava illegittimi gli articoli 559 e 560 del codice penale in tema di adulterio e concubinato, affermando che questi articoli recavano “l’impronta di un’epoca nella quale la donna non godeva della stessa posizione sociale dell’uomo e vedeva riflessa la sua situazione di netta inferiorità nella disciplina dei diritti e doveri coniugali”.
Il codice infatti prevedeva che l’adulterio fosse sanzionabile solo se compiuto dalla moglie, mentre il marito poteva incorrere in sanzione solo se avesse accolto la “concubina” nella casa familiare oppure l’avesse collocata in un altro luogo noto. Con una legge del 1981 sono state finalmente abrogate le norme sul “matrimonio riparatore” e sul “delitto d’onore”.
Il “matrimonio riparatore” estingueva i reati sessuali compiuti contro una donna e il “delitto d’onore” (articolo 587 del codice penale) prevedeva un’attenuazione della pena per gli omicidi di donne compiuti da fratelli, padri o mariti, se la motivazione addotta fosse la scoperta della “illegittima relazione carnale ” o lo “stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia”. In tal caso, la sanzione poteva andare da tre a sette anni di carcere a fronte di una pena da ventiquattro a trent’anni nelle ipotesi comuni di uxoricidio.
Nel 2013 è stata approvata quella che i mezzi d’informazione chiamano “legge sul femminicidio”, la numero 119 del 15 ottobre 2013, in attuazione della convenzione di Istanbul. Con l’introduzione di nuove aggravanti e con la previsione di nuove misure coercitive per l’aggressore. Infine sono state concepite alcune norme per l’assistenza e la protezione delle vittime della violenza di genere.
. Nel 2019 il parlamento è intervenuto nuovamente sul tema, adottando altre misure per contrastare la violenza di genere con la cosiddetta legge sul codice rosso. La norma ha introdotto una particolare procedura d’urgenza per tutti i delitti di violenza domestica, di stalking e, più in generale, di abusi e maltrattamenti familiari.
Senza servizi-Il 13 gennaio 2020 il gruppo di esperti del Consiglio d’Europa per la lotta contro la violenza nei confronti delle donne (Grevio) ha pubblicato il primo rapporto di valutazione sull’attuazione della convenzione di Istanbul in Italia. Nello studio il gruppo esorta le autorità italiane ad adottare misure più efficaci per proteggere le donne dalla violenza, pur accogliendo con favore l’adozione di nuove leggi innovative da parte del paese in particolare in materia di stalking, congedi speciali retribuiti per le lavoratrici vittime di violenza di genere e sostegno agli orfani delle vittime. Il rapporto indica, tuttavia, che molto resta ancora da fare.
Trenta associazioni italiane che si occupano di violenza sulle donne in contemporanea hanno stilato un rapporto alternativo che hanno trasmesso al Consiglio d’Europa, in cui fanno emergere le difficoltà principali nel contrasto alla violenza sulle donne: la distanza tra le norme adottate e la loro applicazione in concreto, l’applicazione disomogenea delle norme sul territorio nazionale, la mancanza strutturale di finanziamenti e di servizi per la prevenzione del fenomeno e per la protezione delle vittime come la presenza dei centri antiviolenza e delle case rifugio.
SONDAGGIO ISTAT SUI GIOVANI
Il sondaggio mostra anche che il lavoro per contrastare i pregiudizi è ancora lungo, al punto che il 15% degli adolescenti (il 21% tra i maschi e il 9% tra le ragazze) pensa che le vittime di violenza sessual epossano contribuire a provocarla con il loro modo di vestire e/o di comportarsi.
Nella percezione degli adolescenti l’aspetto fisico gioca ancora un ruolo fondamentale. Il 57% degli intervistati pensa che la bellezza femminile possa essere uno strumento per il successo (il dato maschile sale a 63%), una percezione che si conferma nel 46% degli intervistati che affermano che per le femmine essere attraenti è più importante che per i maschi (il 39% delle ragazze intervistate ne è convinta, percentuale che aumenta al 53% nei coetanei maschi).
C’è poi uno zoccolo duro di intervistati che pensa che affermarsi nel mondo del lavoro sia più importante per i maschi che non per le femmine (quasi il 40% dei maschi ne è convinto, contro il 21% delle ragazze), come anche avere un’istruzione universitaria sia più importante per un ragazzo che per una ragazza (è così per quasi 1 ragazza su 10 e quasi 1 ragazzo su 5).
Nel quotidiano le ragazze si scontrano con la realtà che le vede spesso nella condizione di sentirsi svantaggiate rispetto ai coetanei maschi. Oltre la metà di loro (54%) dichiara di essersi sentita svantaggiata per il solo fatto di essere una femmina, spesso o almeno qualche volta. Più di 2 adolescenti su 3 (64%), hanno sperimentato sulla propria pelle il disagio di fronte a comportamenti, commenti o avances subite da parte di adulti di riferimento, il 70% delle intervistate dichiara di aver subito molestie o apprezzamenti sessuali, quasi una su tre è stata palpeggiata in luoghi pubblici (31%).
Opera Magnasciutti.

CALENDARIO ASSOCIAZIONE PAOLA DECINI

Ecco è pronto il nuovo calendario dell’Associazione Paola Decini.
Immagini corali in 12 eccezzionali location di Collina dei Venti per chi fosse interessato ad averlo contattare tel.388-3993915.
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CF: 97744130580
Intesa Sanpaolo Spa – Filiale Accentrata Terzo Settore – Piazza Paolo Ferrari, 10
IBAN IT28Y0306909606100000124852
BIC/SWIFT BCITITMMXXX
TRN 0329601036066705480160003200IT
Conto corrente di addebito 0064/367334.
BUONE FESTE!

Stefano Ajello--collage 45x67 Cod 0020101

L’Italia deve investire di piu’ sulle donne.

Un recente studio Investing in women:what women-led businesses in Italyand the UK need dimostra che l’Italia e la Gran Bretagna arrancano rispetto ad altri paesi avanzati per quanto riguarda l’imprenditorialità femminile, nonostante la Gran Bretagna presenti condizioni molto più favorevoli all’imprenditoria rispetto all’Italia. In entrambi i paesi ci sono solamente cinque donne imprenditrici ogni dieci uomini, mentre negli Stati Uniti e in Canada, per esempio, ce ne sono otto ogni dieci.
Rispetto alle imprese maschili, quelle femminili in entrambi i paesi sono più piccole, meno orientate alle esportazioni, maggiormente specializzate in settori a bassa produttività e con meno prospettive di crescita. Spesso, inoltre, le donne decidono di creare un’impresa per avere maggiore flessibilità tra lavoro e vita familiare e questo fatto in parte spiega le caratteristiche che contraddistinguono le imprese femminili. Ricorrendo ai dati più recenti sui due paesi, lo studio mostra come le quote sono utili ma non bastano, sono necessari interventi di policy per aiutare l’accesso delle donne al credito e questi interventi devono essere strutturati su tre livelli: internazionale, nazionale e quello delle buone pratiche all’interno delle banche e delle altre istituzioni finanziarie.