Stefano Ajello--collage 45x67 Cod 0020101

L’Italia deve investire di piu’ sulle donne.

Un recente studio Investing in women:what women-led businesses in Italyand the UK need dimostra che l’Italia e la Gran Bretagna arrancano rispetto ad altri paesi avanzati per quanto riguarda l’imprenditorialità femminile, nonostante la Gran Bretagna presenti condizioni molto più favorevoli all’imprenditoria rispetto all’Italia. In entrambi i paesi ci sono solamente cinque donne imprenditrici ogni dieci uomini, mentre negli Stati Uniti e in Canada, per esempio, ce ne sono otto ogni dieci.
Rispetto alle imprese maschili, quelle femminili in entrambi i paesi sono più piccole, meno orientate alle esportazioni, maggiormente specializzate in settori a bassa produttività e con meno prospettive di crescita. Spesso, inoltre, le donne decidono di creare un’impresa per avere maggiore flessibilità tra lavoro e vita familiare e questo fatto in parte spiega le caratteristiche che contraddistinguono le imprese femminili. Ricorrendo ai dati più recenti sui due paesi, lo studio mostra come le quote sono utili ma non bastano, sono necessari interventi di policy per aiutare l’accesso delle donne al credito e questi interventi devono essere strutturati su tre livelli: internazionale, nazionale e quello delle buone pratiche all’interno delle banche e delle altre istituzioni finanziarie.

Simona Veresani-di Amore Si Muore -disegno Cod 1090101

Centri anti-violenza ai tempi del COVID-19.

La reclusione richiesta per il rallentamento dell’epidemia da Covid-19 ha reso ancora più delicata la gestione della violenza domestica.
Il governo non ha fatto niente per fornire a centri e case rifugio strumenti adatti a gestire l’emergenza.
I centri antiviolenza della rete D.i.Re sono stati tutti operativi “ma ora la situazione comincia a mostrare tutte le sue criticità”, spiega Antonella Veltri, presidente della rete, che ha scritto alla ministra per le Pari Opportunità Elena Bonetti.

“I Centri antiviolenza e le case rifugio, come moltissimi altri presidi sociali collettivi, a cominciare dalle strutture che accolgono donne richiedenti asilo e rifugiate con cui anche D.i.Re lavora, non sono stati dotati di alcuna strumentazione per far fronte all’emergenza, a partire dalle mascherine necessarie alle operatrici che devono continuare a svolgere il loro lavoro”, si legge nella lettera inviata alla ministra.
“Per questo abbiamo chiesto aiuto a UNHCR”, racconta Veltri. Desta inoltre grande preoccupazione “la difficoltà a fare nuove accoglienze per le donne che necessitano di protezione immediata”, aggiunge Veltri, perché, come scrive D.i.Re alla ministra, “non sono stati fino a oggi previsti meccanismi di finanziamento specifici per l’emergenza, in particolare per individuare strutture ad hoc nelle quali accogliere le donne per la necessaria quarantena prima dell’inserimento in casa rifugio qualora dovessero presentare sintomi riconducibili al COVID-19, o per gestire la separazione dei nuclei accolti in casa rifugio qualora dovessero emergere casi di contagio da coronavirus”.
“Anche l’ultimo DPCM, che affronta le criticità per il sistema produttivo, sembra aver dimenticato le organizzazioni del terzo settore e i centri antiviolenza, per le quali finora non sono state previste misure che ne contemperino le specificità”, conclude la presidente di D.i.Re. “Ma sappiamo bene che la violenza non si ferma, non basta sollecitare le donne a chiamare il 1522, occorre una sinergia nazionale”.
Intanto, il team di Chayn Italia, piattaforma molto attiva per il contrasto alla violenza sulle donne, ha realizzato un archivio pubblico di risorse multimediali, per essere di supporto in questa situazione così particolare di obbligato isolamento domestico, e far circolare conoscenze e contenuti che aiutino a migliorare il benessere dentro le case.
Opera Simona Veresani.