Basta polistirolo! Dalle piante un’alternativa vegetale.

Un materiale ricavato dai vegetali funziona meglio del polistirolo, ed è decisamente più ecologico. I ricercatori della Washington State University hanno dimostrato che i nanocristalli di cellulosa, se opportunamente lavorati, sono più isolanti dell’inquinante polistirolo e possono essere prodotti usando acqua invece che solventi nocivi.La cellulosa è senza dubbio il materiale vegetale più abbondante sulla Terra e quindi ecocompatibile. Cosa che difficilmente si può dire per polistirolo e polistirolo espanso, largamente usati, purtroppo, come materiali isolanti in molteplici applicazioni (edilizia, trasporti, imballaggio), e prodotti dal petrolio.

Però hanno delle indubbie proprietà, che finora nessun altro materiale più sostenibile sembrava eguagliare. E la stessa cellulosa, troppo abbondante ed ecofriendly per essere ignorata, era stata già testata come fonte di materiali per la costruzione di edifici e la realizzazione di strumenti musicali e gioielli.
Ma come isolante non si erano mai ottenuti i risultati sperati: i materiali ricavati così infatti non erano così forti, non isolavano e degradavano a temperature e umidità più elevate del polistirolo. Difficile così imporsi sul mercato.

Ora sembra arrivata la svolta: i ricercatori della Washinton State University, infatti, hanno creato un materiale costituito da circa il 75% di nanocristalli di cellulosa, con aggiunta di alcool polivinilico, che rende il tutto più elastico.

E, utilizzando un processo in acqua invece che in solventi tossici, il risultato è qualcosa di molto omogeneo, che indica ottime capacità isolanti. Anzi, secondo gli esperti, il materiale a base vegetale ottenuto ha superato le capacità isolanti del polistirolo. Inoltre è anche molto leggero e può supportare fino a 200 volte il suo peso senza cambiare forma. Si degrada bene e bruciandolo non produce ceneri inquinanti.
Ecosostenibile perché non ricavato dal petrolio, indubbiamente. Tuttavia l’industria della cellulosa è anche tristemente legata al disboscamento delle foreste, proprio perchè ricavata dagli alberi. In Indonesia i terreni agricoli delle piantagioni di olio di palma e cellulosa vengono bruciati per favorire i raccolti successivi e guadagnare spazio a scapito delle foreste locali.
Ci auguriamo quindi che le auspicabili produzioni di massa utilizzino materiali a loro volta ricavati con alternative che non incidono sulle nostre distese di alberi, l’unica risorsa che abbiamo di ossigeno, purtroppo sempre più minacciata.

Il lavoro, finanziato dal Dipartimento per l’Agricoltura degli Stati Uniti e dall’Ufficio di commercializzazione della Washinton State University.

Codice Rosa per chi subisce violenza, dal 2015 la Toscana ne è capofila. .

Il “Codice Rosa” è un percorso di accoglienza al pronto soccorso dedicato a chi subisce violenza, che si colloca e si armonizza con la storica rete dei centri antiviolenza e delle altre associazioni di volontariato e solidarietà. Parte da una stanza dedicata all’interno del pronto soccorso, nella quale accedono tutti gli specialisti che dovranno visitare la/il paziente. Il suo punto di forza è una task force interistituzionale, una squadra formata da personale socio-sanitario (infermieri, ostetriche, medici, assistenti sociali, psicologi), magistrati, ufficiali di Polizia giudiziaria impegnati in un’attività di tutela delle fasce deboli della popolazione, quelle che possono essere maggiormente esposte a episodi di abuso e violenza: donne soprattutto, ma anche minori, anziani, persone vittime di abusi e discriminazioni sessuali.

L’intervento congiunto di questa task force permette di prestare immediate cure mediche e sostegno psicologico a chi subisce violenza, nel fondamentale rispetto della riservatezza. Questa attività congiunta avviene nella più ampia tutela della privacy e dei “tempi dei silenzi” delle vittime e nel rispetto della loro scelta sul tipo di percorso da seguire dopo le prime cure. Il compito principale del gruppo è l’assistenza socio-sanitaria e giudiziaria alle vittime di violenza, con un’attenzione particolare a far emergere quegli episodi di violenza in cui le vittime hanno difficoltà a raccontare di essere state oggetto di violenza da parte di terzi: una reticenza dovuta spesso alla paura di ritorsioni.
Alla base dell’attività della task force c’è un protocollo firmato congiuntamente da Regione Toscana e Procura della Repubblica. Alle cure si affianca l’azione sinergica e tempestiva delle Procure e delle forze dell’ordine, per rilevare tutti gli elementi utili, avviare le indagini, monitorare e tenere sotto controllo le situazioni a rischio nei casi di mancata denuncia. L’adozione di procedure condivise e di specifici protocolli operativi ha consentito di velocizzare i tempi di indagine e dei processi.

Il Codice Rosa non sostituisce il codice di gravità del pronto soccorso, ma viene assegnato insieme al codice di triage da personale formato a riconoscere segnali spesso taciuti di violenze. Agli utenti ai quali viene attribuito il Codice Rosa è dedicata una stanza, dove vengono create le migliori condizioni per l’accoglienza, la cura e il sostegno, nonché l’avvio delle procedure d’indagine in collaborazione con le forze dell’ordine e, se necessario, l’attivazione delle strutture territoriali per la tutela di situazioni che presentano livelli di rischio elevati.

In Toscana nel 2015 sono stati 3.049 (2.623 adulti e 426 minori) i casi emersi grazie al progetto : 2.877 per maltrattamenti (2.504 adulti e 373 minori); 147 per abusi (94 adulti e 53 minori); 25 per stalking (solo adulti). Nel 2014 erano stati 3.268. Dall’inizio del 2016 nella Asl Toscana Centro è partita una sperimentazione che ha migliorato e reso più efficace il progetto del Codice Rosa, introducendo un servizio che consente di seguire e assistere sul piano sociale e psicologico le persone vittime di violenza che si sono presentate al pronto soccorso. La regione ha destinato 70.000 euro per questa sperimentazione, prevedendo anche il proseguimento delle attività formative a carattere regionale, per garantire la formazione del personale delle aziende che opera nell’assistenza, cura e tutela delle persone vittime di violenza nell’ambito del progetto Codice Rosa.

Dona il tuo 5 x 1000 All’Associazione pe rla Fondazione Paola Decini.

Una scelta che non costa nulla.Il 5×1000 non è una tassa in più, ma una quota di imposte a cui lo stato rinuncia a favore delle organizzazioni non profit.Puoi effettuare un bonifico bancario:Associazione per la Fondazione Paola Decini CF: 97744130580 IBAN: IT65C0335901600100000124852 BANCA PROSSIMA Spa
Tutto il ricavato verrà utilizzato per garantire sostenibilità e continuità al progetto #COLLINA DEI VENTI.(Il progetto COLLINA DEI VENTRI prevede una Casa di Seconda ,,accoglienza per le donne vittime di violenze -a Bracciano località la Macchia-e sull’agricoltura con il recupero di antiche colture unito all’innovazione , ma anche accompagnato da una serie di realtà produttive, sociali e culturali sì da creare una Comunità Solidale capace di interagire postivamente con quella locale, determinando sviluppo a 360 gradi ed , ovviamente, posti di lavoro. Un progetto, quindi, all’avanguardia in Europa, un esempio tale da poter essere positivamente imitato altrove).

Casa di Nilla da vent’anni dalla parte dei bambini.

In Calabria il Centro specialistico gestito dalla coop sociale Kyosei è unico nel suo genere nel Mezzogiorno

Calabria, profondo Sud. Capita che invece di parlare di mafie e ‘ndrangheta si possa parlare di eccellenza: sociale, culturale e scientifica. E una di questa è La Casa di Nilla, Centro specialistico della Regione Calabria per la cura e la tutela di bambini ed adolescenti in situazioni di abuso sessuale e maltrattamento.

Unico nel suo genere nell’Italia meridionale, “intende garantire un approccio multidisciplinare, articolato sul piano clinico, sociale, educativo e giuridico, alla gestione del complesso fenomeno dell’abuso e del maltrattamento all’infanzia ed all’adolescenza. Pertanto opera in sinergia con la rete dei diversi servizi ed agenzie territoriali a vario titolo deputati alla tutela del benessere e dei diritti di bambini e ragazzi”. Così spiegano gli operatori del Centro.Scuola la mattina,compiti e attività artistiche o sportive nel pomeriggio.Sebbene la presa a carico dei minori abusati sia finalizzata al rientro in contesti familiari adeguati, a volte cio’ non è possibile.Nel 2010 è stata avviata la FATTORIA CASA NILLA per l’inserimento di quei ragazzi che dovendo lasciare la struttura non hanno un posto dove andare .Con l’agricoltura sociale hanno adesso prodotto : vino e miele e frutti di bosco!

Possiamo sfruttare al massimo la vita che abbiamo, usandola il più possibile per fare il bene e combattere il male.

Il libro che mi ha spinto a lottare per un mondo più giusto
George Monbiot, The Guardian, Regno Unito

Ho visto persone subire traumi incredibili e uscire ben poco cambiate da quell’esperienza. Ne ho viste altre completamente sconvolte da quelli che sembravano eventi insignificanti, come il battito d’ala di una farfalla che provoca una tempesta. Non possiamo aspettarci che un sistema complesso come la mente umana reagisca sempre in modo prevedibile o lineare.

Tendiamo a impiegare grandi risorse psicologiche per impedire a noi stessi di cambiare: a volte saggiamente, quando rischiamo la disperazione o la follia; altre volte scioccamente. Per paura della tempesta, siamo capaci di privarci di un’esperienza, e di privare gli altri dei cambiamenti che dovremmo fare per diventare persone migliori.

Sapendo tutto questo, mi stupisce che una cosa così insignificante abbia tanto condizionato la mia vita. Lo scorso agosto, ho scritto un articolo per la serie del Guardian A book that changed me (Un libro che mi ha cambiato). Il mio contributo era un po’ diverso dagli altri perché non ricordavo il titolo. Avevo trovato quel libro quando avevo otto anni in uno scatolone polveroso nell’infermeria del mio collegio, e lo riprendevo ogni volta che mi ammalavo. È stata la prima lettura che ha in qualche modo bilanciato un’infanzia immersa nel conservatorismo ideologico e politico, e mi ha influenzato profondamente. Ho descritto il libro brevemente, e a quanto sembra in modo molto impreciso. Così ho chiesto aiuto ai lettori.

Possiamo sfruttare al massimo la vita che abbiamo, usandola il più possibile per fare il bene e combattere il male

Il risultato è stato il meglio e il peggio di internet. Molti lettori mi hanno dato suggerimenti e altri si sono generosamente dati da fare per trovarlo. Alcuni mi hanno consigliato libri affascinanti che avevano cambiato la loro vita. Ma questi tentativi di aiuto sono stati sommersi da una marea di critiche al vetriolo del tipo: come osi essere di sinistra, parlarci della tua vita, presumere di esistere dopo aver frequentato una scuola privata?

Be’, il problema dell’infanzia è che non puoi controllarla: è determinata dal contesto in cui vivi. Prendersela con qualcuno per le sue origini non è più razionale che farlo per il suo genere, l’altezza o il colore della pelle.

Possiamo aspettare fino a quando non ci reincarneremo nella classe socioeconomica giusta, oppure sfruttare al massimo la vita che abbiamo, usandola il più possibile per fare il bene e combattere il male. La sinistra sarebbe molto più deprimente se non avesse avuto qualche pensatore proveniente da un ambiente privilegiato. Potete sconfessare persone come George Orwell, Tony Benn, Pëtr Kropotkin, Friedrich Engels, Elizabeth Fry, Lev Tolstoj, William Morris, Beatrice Webb, Gandhi, Alexandra Kollontaj, Bertrand Russell, Vera Brittain, Clement Attlee, William Beveridge, Franklin Roosevelt, Paul Foot e Millicent Fawcett perché appartenevano o appartengono alla classe sbagliata. Oppure potete giudicare una persona per quello che fa piuttosto che per come è nata.

Ho capito quanto poco sono affidabili le nostre convinzioni. Usiamo la fantasia per riempire vuoti di cui non ci rendiamo conto

Ma per tornare al punto principale, devo assolutamente scusarmi con i lettori. All’inizio della discussione, ho scoperto che alcuni di loro avevano identificato correttamente il libro. Ma quando avevo guardato la copertina e le altre illustrazioni che avevo trovato online non lo avevo riconosciuto.

Così le persone hanno continuato a cercare. Solo quando, a discussione ormai chiusa, qualcuno mi ha mandato la foto di una particolare pagina, improvvisamente nella mia memoria si è accesa una scintilla.

Il libro, ormai fuori stampa da tempo, si intitolava Paolo and Panetto, e l’autrice era Bettina Ehrlich, una scrittrice austriaca in esilio. Ne ho ordinato una copia usata. Appena l’ho avuto in mano e ne ho sentito l’odore, sono stato travolto da un’ondata di sentimenti confusi. Improvvisamente, ho provato di nuovo la gioia della sua scoperta, la fascinazione e l’intensità con cui lo avevo letto, e la sofferenza di essere disteso in quella triste infermeria lontano da tutti quelli che amavo. Come per esorcizzare quei fantasmi, invece di leggerlo da solo, mi sono accoccolato vicino a mia figlia di tre anni e l’ho letto a lei. Le è piaciuto quanto era piaciuto a me.

Due cose mi hanno colpito in particolare. La prima è stata la frammentarietà della mia memoria. Ricordavo la trama a grandi linee, ma avevo sovrapposto due personaggi, cancellando dalla storia quello più interessante – il giovane dio Pan. Nel mio ricordo, un bambino viziato che viveva in un appartamento di lusso una sera ne aveva incontrato un altro che raccoglieva le cicche per strada. Quest’ultimo lo aveva portato in campagna e gli aveva fatto conoscere libertà che ignorava. Ma nell’originale, quella che aveva incontrato era una bambina. Grazie a lei aveva conosciuto Pan (o Panetto), che lo aveva portato nei campi e nei boschi. Questo mi ha fatto capire quanto poco sono affidabili le nostre convinzioni. Usiamo la fantasia per riempire vuoti dei quali non ci rendiamo conto. Siamo testimoni inaffidabili di noi stessi.

Il girone più basso dell’inferno è quello in cui nulla cambia, in cui nessuno può modificare il proprio destino

La seconda cosa di cui mi sono accorto è che la storia era meno forte di quanto ricordassi. Nella mia mente era diventata un’aspra denuncia della disuguaglianza, forse scritta da un comunista italiano. Ma il libro affronta il discorso politico con leggerezza. All’inizio il bambino viziato e la bambina stracciona scoprono le differenze tra le loro vite. Ma poi questo tema viene abbandonato fino alla fine, quando Paolo getta le sigarette di suo padre dalla finestra perché i ragazzi di strada possano raccoglierle.

È tutto qui: un bambino privilegiato ma trascurato esce dal suo mondo isolato, ne incontra un altro che vive in povertà e cerca di ridistribuire una minuscola parte della ricchezza della sua famiglia. È stato questo battito d’ala di una farfalla ad avviare il processo che avrebbe cambiato la mia vita.

Ovviamente non è stato l’unico. Centinaia di eventi successivi hanno contribuito a influenzarmi, e continuano a farlo. Spero che questo processo non si fermi mai. Per me, vivere una vita piena significa essere aperto all’esperienza e alla persuasione, sperimentare sempre nuove idee e conoscenze, rischiare il ridicolo verificando nuove teorie. Il pensiero di cadere in una statica rispettabilità mi atterrisce.

Aveva ragione Dante. Il girone più basso dell’inferno è quello in cui nulla cambia, la vita è congelata nell’immobilità, nessuno può modificare il proprio destino. Chi sostiene che a una certa età è impossibile cambiare idee e abitudini, che il lupo perde il pelo ma non il vizio, si taglia fuori della vita.

In una società che pretende di essere democratica, ereditare una posizione sociale, con la ricchezza e le opportunità che comporta, è già un male. Ereditare anche idee e strutture mentali significa rinunciare non solo all’onestà intellettuale, ma anche a buona parte della nostra umanità.

(Traduzione di Bruna Tortorella)

Da Cascina a Skate Farm, spazio condiviso multifunzionale ,solidale.

Al centro lo skateboarding e intorno a questo la coltivazione di un orto collettivo per la comunità, la creazione di un percorso di Orto Didattico rivolto ai bambini e ai genitori, il coinvolgimento della comunità locale e delle associazioni, attività manuali e ricreative collegate alla natura e allo sport e coinvolgimento di persone con fragilità. È Skate Farm alle porte di Alessandria.
Skate Farm parte da molto lontano, ed ha iniziato a concretizzarti solo nel 2011 quando è stata messa a disposizione da Angelo Invernizzi un’antica Cascina e i terreni annessi : a San Giuliano Nuovo (AL), ora gestiti da Massimiliano e Felipe.
“La cascina era totalmente da ristrutturare e trasformare ma armati di passione, amore per lo skate e voglia di creare un luogo unico ce l’abbiamo fatta, aiutati da molti amici. In quattro mesi abbiamo ridato vita a questo luogo rispettandone la storia e la natura -ci raccontano Felipe Le Suer e Massimiliano Barile gli ideatori del progetto- Giusto in quel periodo ci eravamo interessati per curiosità alla dismissione dell’ex Trinity Skatepark e abbiamo comprato le rampe da loro rimontandole poi qui. Al momento, dopo aver recuperato la vecchia stalla, stiamo sistemando la vecchia unità abitativa della cascina per realizzare nuovi progetti. Una parte è già stata sistemata ed è usufruibile per tutti coloro che vogliono fermarsi più giorni avendo a disposizione già due camere da letto”.

In un’ottica di economia circolare ed ecosostenibile, per ristrutturare gli spazi è stato riciclato tutto il possibile, ridando nuova vita a oggetti e materiali in disuso.

Il 16 dicembre 2012 la Skate Farm, unico skate park al coperto in Piemonte, ha aperto ufficialmente le porte ai giovani e da allora a oggi non ha mai smesso di accogliere appassionati provenienti da diverse regioni grazie all’associazione “La brugola Skate” affiliata alla FISR, Federazione Italiana Sport Rotellistici. Il luogo offre, oltre alla possibilità di skateare in tutta sicurezza, una zona di ristoro per picnic e grigliate, un grande spazio all’aperto per fare giocare i bambini a contatto con la natura e fare lunghe passeggiate.
Skate Farm è nato per l’unione e la coesione sociale con lo scopo di creare un luogo sano e piacevole, dove le persone possono socializzare e conoscersi. Vuole essere uno spazio di cui la comunità si appropria per abbellire la periferia, formare legami, formare bambini consapevoli, uno spazio di scambio e interscambio, un laboratorio progettuale aperto alla creatività sia individuale che di gruppo, un punto di riferimento sempre spalancato alla comunità.

“Nel grande spazio verde dello Skate Farm abbiamo iniziato ad allestire anche un piccolo appezzamento di terra destinato a un orto condiviso, che sarà a disposizione di tutti. Durante la coltivazione e la cura dell’orto, si coinvolgono e si mettono in relazione giovani con anziani, genitori e figli nativi e immigrati, in uno scambio che crediamo possa avere positive ricadute sociali e culturali”.

Skate Farm vuole infatti diventare sempre di più un luogo d’incontro e scambio di saperi che attraverso il contatto con la natura e lo sport ponga le basi nelle nuove generazioni, per costruire una società migliore per il domani e crescere le proprie passioni. Un luogo per promuovere l’autostima e l’emancipazione di ciascuno, in cui Sport e Natura siano valori aggregativi e formativi rivolti non solo agli appassionati che frequentano già lo Skatepark, ma a tutte le fasce di popolazione. Una attenzione speciale è rivolta ai più deboli, a rischio di emarginazione, al fine di prevenire il disagio e favorire l’integrazione e la coesione sociale, contrastando cosi ogni forma di marginalità e discriminazione, in una dimensione inclusiva e di partecipazione dell’intera comunità locale.

“Una parte di orto è già stata realizzata; ora si provvederà all’ingrandimento dell’area destinata alle attività orticole con l’abbattimento di eventuali barriere architettoniche in modo che anche persone con disabilità possano usufruire di tutti gli spazi. Sempre in un’ottica di economia circolare, si costruiranno con materiali di recupero vari cassoni di diverse altezze per permettere a tutti di accedervi. Oltre alle piante orticole coltivate nel rispetto dell’agro-ecologia e con metodi eco-compatibili, verranno trapiantate piante aromatiche per i laboratori sensoriali e verrà mantenuta la coltivazione di camomilla che qui cresce spontanea. L’orto verrà strutturato in modo tale da permettere sia attività ludiche che didattiche, rispettando appositi spazi tra una parcella e l’altra, realizzando camminamenti e scivoli, con spazi e finalità differenti per favorire possibilità, diversità ed equilibrio”.

Nel 2018 avviene infatto l’incontro con un’educatrice e terapista orticolturale, Margherita Volpini, da cui ha preso forma l’idea di creare un ambiente educativo multifunzionale, come occasione di inclusione e integrazione, per i più piccoli e non solo, programmando delle giornate in cui oltre a praticare lo skateboarding in sicurezza seguiti dagli istruttori che hanno dato vita allo Skate Farm, ci sia la possibilità di fare esperienze ludiche e didattiche in natura e nell’orto seguiti da personale specializzato in educazione in Natura.

Infine, nel pieno rispetto della filosofia con cui è stata restaurata la Skate Farm, si proporranno laboratori di riuso e riciclo per insegnare ai bambini che nulla è inutile e che materiali che tendenzialmente verrebbero buttati, grazie alla creatività, alla potenzialità di ciascuno possono trovare una nuova vita.